Mentre sul Calvario prosegue l’omaggio dei devoti al Cristo in
croce, nel settecentesco Santuario dedicato a Maria SS. Addolorata
(centro di tradizione religiosa e di formazione cristiana, civile e
morale), si compie un rito antico: come si usava un tempo, donne e
bambini porgono ad un confrate un fazzoletto bianco per asciugare il
volto dell’Addolorata.
Dopo, il simulacro della Vergine (l’immagine
sacra più venerata dai corleonesi, quella che più d’ogni altra parla
direttamente al loro cuore), viene preparato per l’imminente lunga
processione notturna.
Colpi di tamburo si odono, mentre lunghe ombre già incombono sul paese. Si appressa l’ora della Deposizione.
La
“Grande Croce” nera guida il corteo delle
confraternite che salgono al Calvario:
“Maria SS. del Carmelo”,
“Santi Elena e Costantino”,
“San Giuseppe D’Arimatea e Nicodemo”,
“dei Bianchi dell'Ospedale”.
Il cielo che fa da quinta alla scena sembra
dipinto. Cristo, ormai morto, viene deposto dalla Croce. Il momento è
suggellato da forti spari di mortaretto e da una toccante marcia
funebre intonata dalla banda musicale.
I presenti, in raccoglimento, pregano commossi.
La statua, posta sul lenzuolo bianco, viene portata a valle questa volta dai confrati percorrendo al contrario l’itinerario fatto di giorno. Il passo, lento, segue le cadenze della musica. I fedeli seguono commossi.
Al suono della banda si sovrappone ora il
caratteristico rumore della
“troccola” che detta i tempi per l’uscita
del simulacro dell’Addolorata dal suo Tempio.
Disadorna, senza la corona, l’Addolorata
incontra sul sagrato del Santuario il Cristo deposto. L’incontro della
Madre con il Figlio non più in vita è uno dei momenti più suggestivi e
commoventi dell’intera giornata: la corale, i confrati e tutti i fedeli
intonano canti e lamenti caratteristici corleonesi, accompagnando
l’evento in preghiera e in raccoglimento.
Lo sparo di una potente “maschiata” suggella il
toccante momento, a testimoniare e rappresentare l’immenso dolore della
Madre per la morte del Figlio.
Il Cristo Deposto viene adagiato nella navata della vicina piccola Chiesa di San Nicolò.
Fuori, i fedeli attendono l’uscita dalla chiesa della semplice “vara” con il Cristo Morto, adorna di fiori e sormontata da una palma.
Tutto è pronto per la lunga processione. E’ già sera quando, lentamente, il corteo si avvia dallo slargo.
La
processione (la cui struttura è ancora quella stabilita da un atto del
1863) è aperta dai devoti, che si dispongono su due file e recano in
mano i ceri accesi. Alcuni sono a piedi scalzi per grazia chiesta o già
ricevuta. Le flebili fiamme dei ceri creano un malinconico alternarsi
di luci ed ombre nel quale si riflettono i volti dei fedeli, il loro
dolore, il dolore della Madre che ha perso il Figlio.
Alcuni confrati precedono la vara del Cristo Morto. Altri la portano a spalla, facendo ondeggiare la palma che la sovrasta.
Le Serve di Maria e i confrati dell’Addolorata
con le lampade accese precedono la disadorna statua dell’Addolorata,
portata a spalla.
L’itinerario è rimasto uguale nei secoli. Per ore, la processione, seguita da una moltitudine di fedeli mai stanchi, andrà su e giù per le vie di Corleone toccando tutti i quartieri, percorrendo le nuove larghe strade e le strette vie del centro storico.
La processione si conclude quando è già passata la mezzanotte. Il simulacro del Cristo rientra nella Chiesa di San Nicolò.
Il volto delle Serve di Maria, che, conclusa lo
loro processione, attendono l’arrivo dell’Addolorata, tradisce fatica e
commozione.
Qualche minuto dopo, sullo slargo sopraggiunge
il simulacro dell’Addolorata, che viene accolto dallo sparo di
mortaretti che vengono fatti brillare sotto la Rocca Sottana, la cui
parete viene illuminata a giorno creando un suggestivo effetto scenico.
Ora anche il simulacro dell’Addolorata può rientrare nella chiesa da dove era uscito.
La lunga giornata si conclude con un’ultima
toccante scena: nella Chiesa di San Nicolò i confrati si dispongono a
cerchio attorno al Cristo Morto. Inizia il rito del
“bacia piedi”. E’
il popolo dei devoti a genuflettersi per primo. Poi, è la volta dei
confrati
“bianchi”.
Sul paese non si odono più i rimbombi dei
mortaretti e il silenzio del lutto regnerà sovrano fino alla mezzanotte
del sabato, quando le campane e la solenne messa annunceranno che
Cristo è risorto.
- Testo tratto dal documentario “IL VENERDÌ SANTO A CORLEONE ” (Editrice Il Sole, 2007), testo e regia di Giovanni Montanti.
- Foto a cura di Salvatore Ciambra (3 aprile 2015).
- Testo tratto dal documentario “IL VENERDÌ SANTO A CORLEONE ” (Editrice Il Sole, 2007), testo e regia di Giovanni Montanti.
- Foto a cura di Salvatore Ciambra (3 aprile 2015).